Cyber - teens e crisi d'immagine

Questo post lo scrive Mamma Klementina, che ho gentilmente invitato a partecipare al mio blog in qualità di esperta in tentativi di gestione dei propri figli. Mi sembrava opportuno darle la possibilità di mettere luce sul problema che tutti i genitori di figli in adolescenza hanno: spiegare loro come gestire la loro e-vita. 
"Ho una bellissima "teen" di quasi 13 anni che adoro e pertanto pensarla vittima di cyber bullismo mi fa rabbrividire e stare molto male. Cerco di rimanere obiettiva ma solitamente non ci riesco pertanto non ho speranze che questo mio modestissimo parere possa vantare tratti di imparzialità. La generazione degli odierni teens è stata messa online senza alcuna autorizzazione. E questo è un dato di fatto. Vivono online parte della loro esistenza, delle loro gioie, preoccupazioni e amicizie. Leggendo il rapporto di Telefono Azzurro sui dati a livello europeo ed italiano ho pensato che siamo proprio alla deriva. La cattiveria, che assume tratti impavidi online, è talmente palpabile e quotidiana che non stupisce più. Come quando ci si abitua ad un malore - perché è costante- e ci si scorda che, probabilmente, potremmo anche curarlo.
Se solo i bambini avessero la visione della vita reale, sapessero soppesare le offese ricevute e sorvolare, i cyber bulli sarebbero meno potenti. Il valore dell'offesa o dell'accanimento online assume un significato più profondo perché non si offende solo la persona, come si faceva ai miei tempi (sembro preistorica in questa dichiarazione, lo so...). Il cyber bullismo diventa un gesto consapevole, per far sapere agli altri che sono io il  forte e so offendere coraggiosamente punendo chi ho deciso essere la mia vittima. Ecco, non è un'offesa ma una dimostrazione di forza. E chi ha bisogno di dimostrare la propria forza se non i deboli?
Un giorno, mi ricordo, lessi della Teoria dello specchio utilizzata per spiegare ai più giovani come affrontare le discussioni e le offese dei compagni. La teoria sostiene che proiettando sugli altri sentimenti, pensieri, credenze o persino azioni  per noi inaccettabili, in sostanza, ci difendiamo. Quando, allora, un bambino ti dice stupido, grasso, goffo, brutto è perché in realtà nel suo subconscio lui si sente esattamente così. Ad offendere sono proprio quelli che si trovano insicuri ( anche inconsciamente) di se stessi e si valutano "brutti, porci, grassi, lardosi", etc. Sapendo questo,  sono riuscita a spiegare ad un'amica di Gaia - che soffriva perché non accettata nel gruppo - cosa vuol dire avere il terrore di non essere accettati. E più si è vulnerabili, più si attacca. Ingenuamente lei ha spiegato la stessa cosa alla bulla di durno che si è messa a piangere. Ci potete credere? Colpita - affondata. 
Non sempre, però, è facile. Io penso che onestamente dovremmo acculturarci molto, noi genitori, attorno a questo tema e pertanto vi consiglio alcuni strumenti molto validi:
- il sito del Telefono Azzurro;
- i lavori del sociologo Francesco Pira;
- la storia da condividere con i figli su Carolina Picchio raccontata dal suo papà.
Parlare con i figli non è sempre così facile come i manuali ci dicono. E non è certo detto che nell'età dell'ormone impazzito, sentire le nostre parole vuol dire ascoltarle. Anzi. Io mi ricordo vividamente che durante l'età delle medie mia mamma mi faceva sonore ramanzine che ribattevo, frase per frase, con forza, nella mia mente. Era un dialogo muto ma c'era. Tutto quello che lei mi diceva sembrava insensato e arcaico. Forse io ho lo stesso effetto sui miei figli, forse. Ma vorrei almeno avere qualche chance in più di farmi ascoltare conoscendo in primis il mondo nel quale si muovono, i loro cyber amici, le loro cyber sofferenze e gioie. Le foto che pubblicano, quelle che modificano, i video che caricano e quelli che a loro insaputa vengono caricati. Vorrei, ho detto ma non è certo semplice. La cyber fiducia non è facile da concedere. Perché il cyber pericolo non lo governiamo noi genitori. Dobbiamo solo sperare di avere le carte per costruire una realtà forte nella quale loro ritrovino la dimensione delle cose in prospettiva. Nella prospettiva della vita che li attende. 
Ricordo che quando ero adolescente facevo autostop nonostante il sonoro divieto dei miei. E un giorno si fermò a darmi un passaggio un volto noto: mio padre. Ecco, quando ha aperto la porta ho pensato solo una cosa: un giorno riderò di questo momento con i miei amici, un giorno sarà la barzelletta da spendermi in compagnia, un giorno, anche con mio padre, potrò ricordare questo dramma con un sorriso. La predica fu sonorosissima ma, con questo filtro, ricordo di averla alleggerita notevolmente. Oggi non lo racconto come una barzelletta, non ne vado fiera, non ci scherzo con mio padre. L'importante è, però, che io abbia avuto la forza di vederla in prospettiva, quella sciagurata sfiga, nel momento del maggior imbarazzo. Quello importa. Riassumendo, gli strumenti che abbiamo in questa cyber guerra sono i seguenti:
 - spiegare ai figli la teoria dello specchio (Funziona, garantito!);
- mettere le "tragedie d'immagine" in prospettiva (Quella della vita intera);
- essere informati e non gettare la spugna perché "loro utilizzano canali a noi sconosciuti";
- parlare, anche se non ascoltano (E' normale, lo posso garantire. Sarebbe strano l'inverso, ma, alla fine, come nello studio delle lingue prima o poi le parole tornano alla mente);
- essere genitori e non amici;
- credere nei nostri figli e incentivare la loro auto-motivazione (così si sentiranno in generale più sicuri);
- andare a picchiare selvaggiamente i genitori dei cyber bulli ( No, lo so. Sarebbe, però, un gesto liberatorio);


Gestire, ad esempio, i semplici gruppi classe su WhatsApp in maniera adulta, sarebbe già un buon punto di partenza. Ma su questo punto, sono sicura, apro un vaso che difficilmente Pandora, nemmeno aiutata da tutta la sua famiglia, potrebbe richiudere. 

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