Gli elementi del piano di comunicazione di crisi: la prevenzione come allenamento.

Jana Schilder, esperta di comunicazione di crisi ha recentemente dichiarato: "If you don’t have a crisis communications plan ready, reporters will create one for you".
Mi sembra un incipit eccezionale per motivare le società a investire su un buon piano di prevenzione.

Che si tratti di una PMI o di una azienda di grandi dimensioni, poco cambia. La prevenzione è il sistema più economico e veloce per minimizzare i danni d'immagine.
Il modo in cui si gestisce una crisi è determinante per la propria reputazione.

Vi sono alcuni elementi che si ripetono in tutte le gestioni di crisi che vale la pena ricordare, come fossero un elenco di prodotti nella lista della spesa:
- la necessità di individuare un rappresentante per tipo nel crisis team
- l'individuazione dei target ( stakeholders map)
- la personalizzazione dei messaggi
- il monitoraggio
- la crescita.

In primo luogo, ciò che si può fare nell'ambito delle azioni preventive è individuare i membri e formare un team. Questo può essere più o meno complesso ma in realtà al suo interno ci dovrebbero essere delle competenze specifiche in varie aree. Nella squadra che fronteggia una crisi non dovrebbero quindi mancare:
- esperti legali
- relatori pubblici ed uffici stampa
- responsabili sicurezza
- responsabili comunicazione
- responsabili risorse umane
- amministratori

Ora, nelle piccole realtà alcune di queste figure sono rappresentate da consulenti esterni ma le dinamiche non dovrebbero essere tanto differenti, semmai ridimensionate su scala aziendale.
Il team ha il dovere di gestire la crisi dal punto di vista comunicativo e operativo, di tarare messaggi specifici ai pubblici di riferimento ( dipendenti, fornitori, clienti, sponsor, etc.) e monitorare la situazione con l'obiettivo non solo di gestire la crisi al meglio ma anche di monitorare, imparare e crescere.
Se quindi qualche nota stampa fosse uscita imperfetta, si evidenzia l'origine dell'errore per non perseverare nello sbaglio.
Se il portavoce si fosse inceppato nel dare le risposte ai media, evidentemente non ha avuto una corretta formazione ( gestione dei media in caso di crisi) e informazione ( i fatti).

Vari articoli scientifici evidenziano che i programmi di crisi devono differenziarsi sulla base della tipologia della crisi stessa: finanziaria, istituzionale, di servizio/prodotto o crisi d'immagine del board.
Ogni situazione va affrontata in maniera specifica ovviamente ma alcune prevedibilità possono anche rappresentare uno spunto di training interno e di programmazione.
In caso di crisi finanziaria di un istituto bancario, ad esempio, il responsabile delle risorse umane dovrebbe avere una preparazione adeguata nel dialogo con i dipendenti dell'istituto stesso perché sono loro che in primis veicolano l'immagine aziendale con i clienti.
La scelta delle parole, del tono e dei contenuti sono tutti elementi di comunicazione che si possono progettare preventivamente. Almeno per un esercizio di allenamento! E così per tutte le figure di front line attive nella gestione della crisi stessa.

La crisi, se gestita bene, può rafforzare la reputazione dell'azienda stessa, può accentuare il senso di appartenenza dei dipendenti e può essere un valido esercizio per la gestione di crisi future.
Se gestita per tempo, aggiungo. 


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