Tutta colpa dei media

"I giornalisti se la sono presa con me...
Tanto poi alla fine scrivono quello che vogliono...
Se hanno deciso di rovinarmi, lo faranno.
Non parlarci, qualsiasi cosa tu dica, potrebbero fraintenderla..."

Quante volte sento pronunciare queste frasi da illustri avvocati, dai miei assistiti ma anche dai CEO di grandi aziende. Come se la stampa fosse un pianeta a parte creato per la distruzione della nostra comunità. I giornalisti, blogger e colleghi delle relazioni pubbliche che pubblicano sulla stampa, sono persone cari miei, come noi. Sono forse mamme, papà, zie, zii, a volte nonne e nonni. Con tanti pregi e difetti, con un lavoro che hanno scelto e che, come tutti i lavori, può essere la loro missione della vita oppure un ripiego per avere, a fine mese, una paga.

 Recentemente ho seguito un illustre personaggio che è stato portato in tribunale per una vicenda complicatissima.
Difeso dai migliori ( e qui non esagero) avvocati, mi ha chiamata per placare la stampa che, a suo dire, aveva come unico obiettivo distruggere la sua reputazione e credibilità.

Il mio primo passo è stato presentarmi a tutti coloro che scrivevano di lui sui giornali e sui blog rendendomi disponibile a fornire tutte le informazioni che avrei potuto divulgare sul presente e sul passato di questa vicenda. Si, perché a volte, conoscere a fondo una persona, la sua carriera, le sue azioni, può essere fondamentale.

Alla prima udienza mi sono presentata con una nota ufficiale che in sostanza ribadiva il fatto che la comunità tecnica internazionale appoggiava pubblicamente il mio assistito; per  la sua capacità tecnica, per i suoi ruoli e le cariche di primaria importanza nel suo settore.
Nessuno, prima di allora aveva mai dialogato con la stampa presente alle udienze perché qualsiasi parola poteva essere fraintesa ma in realtà, la controparte aveva un buon feeling con i media e forniva molte più informazioni. Il risultato? Se, di due parti coinvolte, ho solo una versione, l'altra evidentemente mi sfugge oppure me la devo ricostruire da solo e ciò diventa complicato.

Il giorno dopo, sui giornali riportarono, per la prima volta, anche un passaggio importante sulla carriera del mio assistito. Sembrava un piccolo miracolo, per la gioia di tutti.

Io mi chiedo però, perchè non dialogare. Ovviamente non si possono divulgare strategie processuali, indagini e informazioni delicate ma elementi esterni al processo che sono comunque basilari per costruirsi un'idea della persona, sì.
Il rapporto con i giornalisti che seguivano il caso è poi proseguito e una volta che mi hanno individuata come fonte autorevole di informazioni ho ottenuto il risultato voluto: aver aperto un nuovo canale di dialogo.

Questo per ribadire quattro concetti:
  1. Il dialogo, costruttivo, con la stampa va tenuto sempre aperto.
  2. Avere un giornalista di fiducia che possa anche consigliarti in caso di crisi sul taglio delle note stampa sarebbe il top.
  3. Divulgare la storia delle persone attraverso fatti positivi successi in passato ( o anche la storia aziendale) può rappresentare quel complemento informativo che fa la differenza.
  4. Non è mai tutta colpa della stampa, anzi, a volte per la paura di affrontarla durante una crisi, si rischia di omettere un passaggio fondamentale che potrebbe portare a molti benefici.




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